Da aperitivo a happyhour
È ormai diventato un rito irrinunciabile, una vera e propria occasione di incontro e socialità ed ogni città lo vive in modo diverso. Stiamo parlando dell’aperitivo, trend del ventunesimo secolo, diffuso ormai tra ogni fascia di età. Da semplice spuntino del tardo pomeriggio a vero e proprio pasto serale. Ecco come è cambiato il rito dell’happy hour. Fin dall’antichità molti popoli facevano precedere la cena da una bevanda aromatica, più o meno alcolica. Lo scopo era quello di stuzzicare l’appetito, una funzione questa che si intuisce anche nell’etimologia della parola «aperitivo», che deriva dal latino «aperire»: aprire, iniziare appunto.
Ma l’aperitivo era anche un momento di incontro, un’occasione per incrementare le pubbliche relazioni. Con il tempo alla bevanda si sono aggiunti piccoli snack. Ma la vera svolta del rito è avvenuta negli ultimi anni. Nelle grandi città del Nord Italia soprattutto, dopo il lavoro e le lezioni in università i giovani si riversano nei locali alla moda e nelle piazze all’aperto per sorseggiare cocktail alcolici, accompagnati spesso da stuzzichini che assomigliano a vere e proprie portate. Ci si racconta la giornata, si scherza e si tira tardi, tanto che la cena viene saltata. Naturalmente l’appuntamento cambia a seconda della città in cui ci si trova.
Oggi chiamato «happy hour», quello che in Inghilterra definiva l’ora felice dalle 17 alle 18 in cui gli alcolici costavano la metà, è stato rivisitato e corretto dalla cultura italiana: dura ben più di un’ora ed è accompagnato da pietanze calde e fredde se dal sapore esotico meglio ancora. Perché piace tanto?
I motivi sono i più disparati: basso prezzo percepito, grande varietà di piccoli assaggi, musica e atmosfera friendly un po’ vacanziera grazie all’immancabile accompagnamento musicale.