Estetica del vuoto
Dare forma a ciò che forma non può avere. Saziare quel bisogno di equilibrare la dicotomia fra pieno e vuoto. Tentare di comprendere e gestire ciò che non possiamo dominare. Parliamo del vuoto. Concetto definito dall’antico filosofo greco Democrito: “elemento che scontrandosi con il pieno da vita alla realtà fisica”. Concetto dalle svariate declinazioni che ci accompagna come argomento di discussione sin dai tempi più antichi, che ci stupisce, ci fa sognare e a volte ci spaventa. Concetto fondamentale per ogni cultura anche se con punti di vista completamente differenti sembra oggi approdare ad una sintesi fra sapere occidentale e orientale.
Per comprendere basta fare un salto indietro nel tempo e sapere che se nel mondo occidentale il vuoto era considerato semplicemente pura assenza, antimateria, nulla, elemento da contrastare con il concetto di creatività inteso come produzione, atto che immette qualcosa là dove prima non c’era; in Oriente lo stesso concetto era ed è visto come fattore generatore estetico, tanto spaziale che temporale, che ci permette di assaporare quell’intervallo tra due colonne di un antico tempio o tra frasi d’una composizione musicale capaci di sospendere, sia pure per un attimo o per un segmento, l’incessante consecutio della materia. Soltanto la contaminazione tra il troppo pieno dell’arte occidentale e il troppo vuoto di quella orientale ha fatto si che oggi molti progetti artistici ed architettonici siano riusciti a differenziarsi da quelli del glorioso passato dell’Occidente, per assimilare un tipo di impostazione spazio temporale mai prima avvertito. Progettisti, architetti, ingegneri, grafici, scrittori e musicisti usano il vuoto in alternanza al pieno per gestire il ritmo dell’ambiente, luogo dove la vita si forma e si evolve. Il concetto acquista così un nuovo ruolo nella definizione di spazialità inedite: esso è approccio al progetto per, sulla e della città contemporanea.
Il vuoto acquista la sua estetica. Il suo ruolo diviene duplice: da un lato esso si fa strumento per riconquistare lo spazio e dall’altro diviene elemento necessario per offrire opportunità alla creatività. Sarà perché, oggi più che mai, un recupero della pausa, di fronte all’eccesso di pienezza e di continue sollecitudini percettive, è d’obbligo, anche solo per recuperare il tempo di pensare. Non è più solo mera mancanza ma positiva presenza di un respiro fra le cose, necessario per il nostro pianeta. L’architettura diventa in questo modo contorno del vuoto, configurandosi concretamente nei termini di sistema di spazi che si susseguono divenendo il reale progetto.