Storie di separazioni, storie di un mondo in quarantena. Sculture in bilico che ritrovano un equilibrio nell’attimo in cui le si osservano. L’auditorium di San Vincenzo Ferreri a Ragusa Ibla ospita Il mio Barocco, mostra di Matteo Mauro curata da Chiara Castro e Aurelia Nicolosi L’artista, architetto, e designer, catanese di nascita e londinese d’adozione, insegue con tenacia una sintesi fra tradizione figurativa e tecnologie digitali; la sua ricerca, infatti, mira alla rielaborazione di sculture classiche, dove figure mitologiche sottratte alla forma lasciano l’impronta su geometrie bronzee e marmoree. La mostra sarà visitabile, gratuitamente con greenpass, tutti i fine settimana fino al 17 ottobre

Le parole delle curatrici della mostra

«Neobarocco – spiega Chiara Castro – è un invito a fermarsi perdendo la misura del tempo, anche se fosse quella di un istante. Le opere di Matteo Mauro si uniscono organicamente alle opere settecentesche della Chiesa di San Vincenzo Ferreri come voci di un racconto sempre rintracciabile, in cui il percorso non lineare della rigenerazione degli stili è l’emblema della vita delle città e degli uomini. Il destino del Barocco ci ricorda che nella complessità c’è ricchezza e che le fratture sono i fulcri per il nuovo equilibrio. Il tempo delle epoche passate non si disperde ma torna presente ogni volta che guardiamo, a qualsiasi profondità, le forme neobarocche».

Le sculture della serie, Loves who don’t know how to get by in this world sono nel contesto esclusivo della chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri che affaccia sui magici giardini Iblei di Ragusa Ibla.

«Matteo Mauro – dichiara Aurelia Nicolosi – è un artista eclettico e sorprendente che spazia con disinvoltura dalla pittura alla scultura al digitale con un’attenzione e precisione nella ricerca del dettaglio, che si riscontra solo negli autori maturi. La poesia e la grazia sottesa alle sue opere raccontano la passione  per l’architettura e la potenza della Natura, nelle sue variegate forme. La sperimentazione costante, che caratterizza il suo lavoro, sicuramente non passerà inosservata e lo eleverà, nei prossimi anni, tra i creativi più all’avanguardia del panorama internazionale».

L’artista, nelle sue sculture, parte dalla forma del parallelepipedo perfetto e compie una metamorfosi verso un panneggio fluido che ne addolcisce la forma. Gli esterni delle sculture lucidi e soffici, nascondono il lascito di un fossile mitologico. Il soggetto classico appare o scompare nella sua forma negativa, come se da lì fosse fuggito nell’attimo precedente allo sguardo dell’osservatore. La figura principale è quella di Ermes, il messaggero. La sua assenza nascosta dalla patinatura profonda, esalta la sua storia: quando Zeus decise di separare gli uomini in due metà, Ermes donò loro la parola affinché potessero ritrovare l’unità. L’intesa, la chiarezza, l’armonia tra il maschile e il femminile è una ricerca senza tempo.

”Sono un po’ la storia del Barocco, un po’ la mia e un po’ la storia di tutti

«Queste sculture – conclude Matteo Mauro – sono il frutto di un anno bisestile che conta 20/20. Sono storie di separazioni. Storie di un mondo in quarantena. La storia quotidiana del sentirsi incompleti, spezzati. La storia di vite circondate da un Barocco in erosione ed un contemporaneo, che nella nostra terra, tarda ad arrivare. Sono storie sull’amore scritte da Platone e fraintese dal mondo intero. Sono la storia di gente che emigra e non si sentirà più a casa in nessun luogo e in tutti i luoghi. Di un mondo sempre più diviso, di razze sempre più divise, di un corpo e di una mente sempre più divisi. Sono le forme di storie che finiscono, ma poi non ricominciano. Sono il lascito di un classicismo che riappare nell’arte ma diviso e sfigurato. Sculture in bilico che ritrovano un equilibrio nell’attimo in cui le si osservano. Sono un po’ la storia del Barocco, un po’ la mia e un po’ la storia di tutti».

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