Lo street food diventa trendy e professionale. Basta a panini, prodotti scadenti e congelati ma una vera e propria moda che prevede il preparare ottime pietanze e veri e propri piatti rielaborati in maniera fruibile e veloce per pranzo, pausa snack o cena. Il concetto è girare la città e sostare negli orari strategici in luoghi con un alta concentrazione di lavoratori affamati. Non tutti preparano tutto, alcuni sono specializzati nella pasticceria, altri in cucina etnica, altri in cucina tradizionale o biologica, ma tutti uniti dalla passione nel proporre ottimi prodotti di qualità. Una moda/business che negli Stati Uniti ha raggiunto un livello molto alto di consensi, in Europa, sta iniziando ad avere con entusiasmo la sua importanza. Letteralmente street food sta per “cibo di strada”. Il termine quindi indica tutti quei cibi economici che vengono cucinati e consumati velocemente in giro.
Un sito americano: www.virtualtourist.com ha avuto la brillante idea di stilare la classifica mondiale delle dieci metropoli dove gustare il miglior cibo di strada. In questa classifica l’Asia fa la parte del leone e posiziona ben tre città sul podio (vince Bangkok seguita da Singapore e Penang).
In quarta posizione ritroviamo Marrakech e subito dopo (udite, udite) arriva Palermo. Il capoluogo siciliano è l’unica città europea nella top ten. Sono 2,5 miliardi le persone che, per la Fao, lo mangiano ogni giorno. In Italia già 35 milioni di appassionati si scambiano freneticamente informazioni tra blog, facebook e twitter. E di questi, spiega la Coldiretti, il 45% sceglie le specialità locali (tra arancini, focacce e pizze) il 24% quelle internazionali (tra hamburger e hot dog) mentre solo il 4% osa i più esotici sushi o kebab. Benvenuti nell’era dei “ghiotti 2.0”. Giovani, indifferenti al fascino delle stelle Michelin o ai nomi degli chef più famosi, convinti che la cucina sia un’avventura. Questo l’identikit dei nuovi golosi a caccia di pietanze sempre diverse.
Per gustarsi il cibo di strada non c’è che l’imbarazzo della scelta.

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