Eros e architettura
“Il sesso spreca tempo, ha bisogno di spazio ed è inibito da troppa intimità” ha affermato la psicoterapeuta belga, Esther Perel. Nota per aver esplorato la tensione tra il bisogno di sicurezza e il bisogno di libertà nei rapporti umani, nel testo del 2006 “L’accoppiamento in cattività” ci racconta di cosa hanno bisogno gli esseri umani per realizzare il loro bisogno di avventura e libertà sessuale.
“Il sesso è un luogo nel quale si va. È uno spazio nel quale entri dentro di te e con un altro, o con altri. È uno spazio per un’unione trascendentale e spirituale. È uno spazio per la violenza e un spazio per essere aggressivi in sicurezza. È uno spazio dove finalmente ci si può arrendere e non prendersi la responsabilità di nulla. Quali sono gli ingredienti? Fantasia, giocosità, novità, curiosità, mistero. Ma l’agente centrale è veramente quello chiamato immaginazione. Si tratta di creare uno spazio in cui ci si lascia trasportare, un posto in cui si smette di essere il buon cittadino che si prende cura delle cose ed è responsabile. Responsabilità e desiderio, infatti, non vanno d’accordo. Proprio non stanno bene insieme”.
Se il desiderio è quindi questione di spazi, sarebbe bene dare un’occhiata a ciò che gli architetti hanno fatto negli anni per creare gli spazi in cui viviamo. Ad una prima analisi sembra evidente, almeno per quanto riguarda la cultura occidentale che l’ideazione e la gestione delle polis e delle strutture che le compongono non guardi molto ai desideri umani quanto all’ordine e al bisogno di efficienza della vita comune. È una questione meramente logica. Manca l’istinto e la sperimentazione. Ma a ben guardare anche in architettura esistono esempi di creazioni in cui il parametro principale ad essere rispettato e quello dello stimolo del desiderio. Parliamo del progetto di Hugh Hefner, il creatore di Playboy.
Essa non è stata solo una rivista piena di donne seminude, ma un progetto comunicativo e architettonico, il cui scopo era quello di offrire una valida alternativa al tradizionale nucleo famigliare americano. Playboy fornì uno strumento per mettere insieme la nuova generazione votata alla finanza e al profitto, con il piacere. Questa è forse l’essenza di Playboy.
“Se vuoi cambiare un uomo, cambia la sua casa.” Beatriz Preciado nel suo testo “Pornotopia. Playboy: architettura e sessualità” ci guida in una Disneyland per adulti, fatta di ville, letti girevoli, caverne tropicali, videocamere di sorveglianza, piscine, ispirata dalle rivoluzionarie utopie sessuali del marchese De Sade e di Ledoux, che funziona come la prima serie di bordelli multimediali nella storia: una moderna pornotopia dall’ostentata e sfarzosa architettura. Fra gli anni Cinquanta e Sessanta, la rivista, ha provveduto a creare un insieme di ambienti che hanno contribuito a incarnare una nuova utopia erotica popolare: dal concetto sexy di “Attico”, alla “Cucina senza cucina” o ancora il celebre “letto rotante”.
Luoghi e spazi che vedranno luce durante la costruzione della Mansion Playboy nel 1959, un Palazzo dell’Amore di 32 appartamenti. “Volevo una casa da sogno – ha affermato durante un’intervista lo stesso Hugh Hefner – un luogo dove fosse stato possibile lavorare e divertirsi allo stesso tempo, senza i problemi e i conflitti del mondo esterno. Un ambiente che un uomo possa controllare completamente. Lì sarebbe stato possibile trasformare la notte in giorno, guardare un film a mezzanotte e chiedere che servano la cena a mezzogiorno, partecipare a una riunione di lavoro nel bel mezzo della notte e prendere appuntamenti romantici nel pomeriggio. Sarebbe stato un rifugio e un santuario… Mentre il resto de mondo continuava a essere fuori dal mio controllo, nella Mansion Playboy tutto sarebbe stato perfetto. Questo era il mio piano. Un mio universo, dove mi sarei sentito libero di vivere e amare in un modo che la maggior parte della gente non si sogna nemmeno”. Hefner aveva sicuramente ben chiaro i concetti di fantasia, giocosità, novità, curiosità, mistero citati dalla Perel.
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