L’obiettivo è fare bella figura e non sbagliare il vino.

“Bollicina stasera?”
“Beviamo un bianco fermo? Fruttato o mosso?”
“Abbiniamo un rosso al pesce?”.

Ma come fare se non si ha idea nemmeno della differenza tra un Syrah è uno Chardonnay?
Iniziamo dall’atteggiamento. Per sembrare esperto è utile prendersi 3-5 minuti per osservare la carta dei vini, oltre a domandare agli altri commensali se hanno delle preferenze. Quando si è in difficoltà, meglio ordinarne un vino conosciuto ricordando la progressione a tavola: bollicina, bianco, rosso, dolce. Dopo che il vino è stato versato, per assaggiarlo attendere qualche secondo facendolo girare nel bicchiere e portandolo al naso con stile scoprendone i profumi, magari chiudendo gli occhi. Poi, trovare due parole semplici per giustificare la scelta con gli ospiti. Per esempio, ordinando del Barolo con l’arrosto di carne, i termini corretti da utilizzare sono “pieno” e “maturo” poi sottolineate che questo abbinamento è un classico con la carne!

Come tenere in mano il bicchiere?
Il calice non va agguantato, ma sostenuto con leggerezza dalla parte più bassa dello stelo per permettere all’olfatto di interagire esclusivamente con il vino e non con i profumi esterni, compresi quelli della mano.

Come si tiene la bottiglia?
La bottiglia deve essere tenuta in modo fermo e saldo, mai per il collo, ma sempre dal corpo principale ponendo l’etichetta di fronte all’ospite. Il tappo si annusa a casa, al ristorante forse è eccessivo. Di solito ci pensa il sommelier, a meno che non si voglia verificare il famoso “sentore di tappo”.

L’uso del decanter.
La decantazione serve a separare il vino dal sedimento, quindi si usa con vini di una certa età. Con i grandi calici non c’è bisogno di far decantare il vino perché basta farlo interagire con l’ossigeno presente nel bicchiere.

Gli abbinamenti.
Per un crudo di pesce o di carne si può stupire i propri ospiti con un vino bianco, un aromatico Gewürztraminer o Sauvignon. Chi vuole, può osare con un Lambrusco naturale, un’opzione rossa che non guasta. Il Pinot nero e la Schiava serviti freddi invece sono ottime con le zuppe di pesce ricche e piccanti. Per la carne alla griglia il top è un Sangiovese, da Montalcino a Montepulciano, dal gusto secco e dal tannino fine, impercettibile. I latticini si accompagnano bene con i vini di grande freschezza e profumi. Da gustare la Malvasia secca con i formaggi di capra.

Le parole da sapere per darsi ulteriormente un tono. Se si ordinano bollicine è essenziale tenere a mente frasi come “grana fine” (bolle che carezzano la bocca) e “sentori di crosta di pane” (profumi legati ai lieviti per la fermentazione).
Nei vini bianchi i termini “minerale” (un vino che fa salivare molto) e “verticale” (quando i profumi fuoriescono con forza dal bicchiere) fanno fare bella figura. Per i rossi serve ricordare la frase “di gran classe” (quando le sensazioni gustative sono ben bilanciate) e “lungo” (quando, contando fino a 8, il gusto persiste). E infine, scegliendo i vini dolci da non scordare le parole “lussureggiante” (per intendere dolce e complesso, come gran parte di questi vini) e “brillante” (ossia, la componente di zucchero e la sua lavorazione fa sì che la luce sia riflessa).

Mai pronunciare termini di cui non si conosce il significato o, peggio, di difficile pronuncia come “Gewürztraminer”. Per cadere in piedi, la semplicità nella scelta è fondamentale.

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